Mi chiamo Francesco Totti

video play

Sinossi


È la notte che precede il suo addio al calcio e Francesco Totti ripercorre tutta la sua vita, come se la vedesse proiettata su uno schermo insieme agli spettatori. Le immagini e le emozioni scorrono tra momenti chiave della sua carriera, scene di vita personale e ricordi inediti. Un racconto intimo, in prima persona, dello sportivo e dell’uomo.

Anno: 2020 Durata: 105 min.

Note di regia

Quando mi è stato proposto di raccontare la storia di una figura immensa e trasversale come quella di Francesco Totti, ero in dubbio se accettare o meno. Non per superbia ma, al contrario, per umiltà. Non sono mai stato un tifoso sfegatato, seppur romanista nel cuore dalla nascita, e pensavo che questo non dovesse essere un documentario sul calcio, bensì il memento filmico di un periodo irripetibile per Roma, e del suo protagonista, che non ha avuto, e non avrà, eguali nella storia di questa città.

Una volta salito a bordo e incontrato Francesco, dal quale volevo una benedizione ufficiale sulla mia ‘visione’, mi sono chiesto allora quale inedita magia potevo apportare alla storia di quest’uomo e di questo campione, che tutti conoscono. Ho subito sentito che la strada giusta era quella opposta a S is for Stanley, il mio precedente documentario che narrava le gesta di un signor nessuno, Emilio D’Alessandro, un piccolo uomo che durante il film si ingrandisce fino a diventare grande quanto (se non di più) il suo antagonista/coprotagonista, Stanley Kubrick.

Dovevo fare il contrario, rimpicciolire Totti, farlo diventare della stessa dimensione dello spettatore, senza però ridurre le sue gesta sportive. Per fare questo, senza peccare di onnipotenza, avevo una sola possibilità: quella del racconto in prima persona, ovvero: coinvolgere totalmente Francesco, che diventava la sola voce narrante della storia, l’unico che poteva ridimensionare se stesso.

È noto che gli sportivi non hanno molta voglia di parlare, e Totti in questo è addirittura leggendario; i suoi commenti monosillabici hanno fatto storia. Eppure, ogni volta che chiacchieravo con lui in privato, affiorava un altro essere umano, un uomo capace di slanci introspettivi e descrizioni immaginifiche e sorprendenti.

Per ricreare questa inaspettata intimità, ho scelto di organizzare i turni di registrazione della voce in un ambiente quasi psicanalitico: una stanza illuminata solo da una abat-jour, un divano, un microfono praticamente invisibile sopra le nostre teste, oltre allo schermo di un computer, sul quale far apparire a Francesco le immagini della sua vita, molto spesso inedite anche per lui. Le sessioni, ma si potrebbero tranquillamente chiamare sedute, duravano ore e ore, con qualche pausa caffè o spuntino, rigorosamente consumato all’interno di
quell’ambiente amniotico.

Dopo la prima volta – in cui ci siamo studiati e abbiamo preso le misure l’uno con l’altro – Francesco è arrivato a questi appuntamenti sempre con una grande voglia di parlare e di aprirsi, scoprendo forse un inedito lato di sé.  A mano a mano, addentrandoci nella sua storia, mi accorgevo che il Capitano, Tottigò, Er Bimbo De Oro, diventavano sempre più Francesco, quel ragazzino nato a Roma alla fine del secolo scorso, che sa giocare a pallone ma che, ancora di più, ha sempre creduto nella forza della comunità, della famiglia, della tribù.

Tutto ciò che è raccontato nel film – come tutto ciò che è omesso – è lo specchio di quello che Francesco trova veramente importante nella sua storia, la storia che lo ha portato sino a qui. Ed è proprio lui, con la sua narrazione surgiva, che ha guidato il film. È stato bellissimo vederlo galoppare nel proprio inconscio, per poi ‘costruire’ la drammaturgia in un secondo momento, al montaggio, strutturandola e rendendola cinematografica grazie alla musica e alle immagini mai viste prima, che avevo a disposizione.

Ho scelto come titolo “Mi Chiamo Francesco Totti”, perché ricorda l’incipit di un tema scolastico, un ritorno al cortile, ai giochi in strada, quel momento in cui tutto è possibile, in cui il finale è aperto. Ed è anche per questo che il film finisce nel cortile della scuola di Francesco, come per dire: il tempo è passato, è vero, ma la vita è ancora tutta davanti. Anche se a volte vorremmo tutti riavvolgere un pochino il nastro, e tornare indietro.

Alex Infascelli

Alex Infascelli

Regista

Dopo un inizio nel 1990 come aiuto regista a Los Angeles per la Propaganda Films (Twin Peaks, Seven), torna in Italia e diventa uno dei più apprezzati registi di video musicali d'avanguardia del decennio.

Scopri di più »

Galleria

20190522_L'ultima Notte-1162
20190522_L'ultima Notte-1210
20190522_L'ultima Notte-1215
20190522_L'ultima Notte-1225
20190522_L'ultima Notte-0984
20190522_L'ultima Notte-1022
20190522_L'ultima Notte-1070
20190522_L'ultima Notte-1116
20190522_L'ultima Notte-1159